Vorrei un giorno dire di aver fatto tutto, tutto ciò che avrei voluto.


Succedeva sempre così.

Le bastava qualche giorno in isolamento per dissociarsi totalmente da ciò che la circondava, fossero affetti, o cose, magari impegni.

Non ricordava più nulla.

Non provava niente.

Era come quando si metteva le calze blu ed il vestito viola. Non ci sarebbe mai uscita, nessuno l’avrebbe mai vista conciata in quel modo, eppure a lei piaceva tanto. Talmente tanto che si era creata un mondo alternativo in cui mettere il naso fuori con quei vestiti addosso sarebbe stata la normalità. Magari il trench giallo. Oppure le ballerine rosse, senza dover subire a tutti i costi battute stantie su Dorothy e l’Uomo di Latta nascosto chissà dove.

Il problema era che a lei piaceva troppo questo mondo, e una volta finì quasi per rimanerci incastrata. Stordita dallo stare bene e, più probabilmente, dai troppi colori sgargianti in giro, non ricordava a che punto avrebbe dovuto girar sui tacchetti e tornarsene indietro.

Insomma, non si sa come, ma tanto a noi non interessa perché quella sarebbe un’altra storia, ce la fece lo stesso, e da quel giorno mise via le calze blu ed il vestito viola, il trench giallo, le ballerine rosse, Dorothy e l’Uomo di Latta, continuando così a vivere la sua vita con una mancanza nel petto.

Ma perse comunque la bussola.

La sua bussola.

Ed eccola, sdraiata sul letto in posizioni poco consone, a fare maratone di film con Humphrey Bogart, il suo primo ma ci giurerei unico amore.

Ogni tanto si chiedeva se qualcuno si sarebbe accorto mai della sua assenza, o se in fondo stesse aspettando che la cosa divenisse normale.

Avrebbe avuto un buon motivo per tornare nel suo mondo e perdersi per sempre.

 

Byez, la Nana.

 

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